PSC: OMBELICO DEL MONDO MEDIOPADANO

Ci avviciniamo all'approvazione del PSC, le controdeduzioni alle osservazioni dei cittadini sono pronte per essere consegnate al Consiglio Comunale.
Quindi “habemus papam”!
Avremo altri 12.500 alloggi, più altri 300 dalle osservazioni accolte, che sommati al pregresso e ad altre frattaglie si può arrotondare in 14.000; vale a dire dai 20.000 ai 40.000 abitanti in più. Spalmati in 15 anni.
A questo bisogna aggiungere le aree produttive, terziarie e commerciali, ma per ora teniamole da parte.
Bisogna anche aggiungere tutta l'infrastrutturazione viaria, sia legata alle nuove aree che ai collegamenti che chiamano di “area vasta”; spicca la via Emilia bis sia verso Parma che verso Modena, più qualche bretellina “fluidificante”, solo per rimanere nell'ambito comunale.
In 15 anni raggiungeremo e supereremo la “citta da 200.000 abitanti”.
Rispetto ai precedenti piani regolatori, la scelta dell'attuale Amministrazione Comunale è stata veramente drastica; secondo il modo di pensare e pianificare degli attuali amministratori si è effettivamente “contenuta l'espansione della città”; di questo bisogna darne atto.
Ma è proprio necessario che una città si espanda sempre?
Il territorio è una risorsa finita, cioè con dei limiti e degli equilibri, come può contenere una cosa infinita come si è concepita l'espansione della città?
Provo ad affrontare l'argomento da un'altra angolazione e provo a descriverne le coordinate.
  1. Il picco del petrolio: ormai è assodato che abbiamo già superato questo punto, cioè la quantità estratta è minore della quantità consumata, andiamo verso l'esaurimento, passando attraverso una rapida crescita del prezzo. Il problema coinvolge tutti gli aspetti della nostra vita: la mobilità, l'approvvigionamento energetico, l'agricoltura industrializzata, tanti oggetti di uso comune, le medicine stesse, sono tutte o in parte di derivazione del petrolio.
  2. Il cambiamento climatico, che nonostante la conferenza di Cancun, non sembra rallentare il suo ciclo e si avvia verso una media di 2 gradi di riscaldamento. Per chi minimizza faccio presente che significa circa un settimo della popolazione mondiale che dovrà migrare dai suoi luoghi, per desertificazione e/o innalzamento delle acque.
  3. L'area padana, ed in particolare l'area emiliana, è una delle parti più inquinate del pianeta.
  4. L'impronta ecologica di un italiano medio è di 4,2, cioè ogni italiano dovrebbe avere a disposizione 4,2 ettari di terreno per rigenerare l'ambiente dai danni che il suo stile di vita provoca e per avere di che vivere come cibo, acqua e aria sana. L'impronta media mondiale è di 1,78.
So benissimo che non sono parametri utili per una pianificazione conforme alla legislazione vigente, ma l'attuale legislazione, così come è stata fatta, si dovrebbe cambiare.
Un titolo di un capitolo della relazione del PSC dice: La città non si amplia si trasforma.
Se non fossero solo parole sarebbe lo slogan giusto per la corretta pianificazione.
Penso sia da prendere in seria considerazione una pianificazione che lavori per sottrazione e non più per addizione, per aggiungere qualità e non più quantità all'esistente, trasformandolo, rendendolo meno energivoro e più vivibile, demolendo anche alcune eccessive brutture, anzi favorendo la demolizione e ricostruzione di tutto quel patrimonio edilizio scadente costruito in questi ultimi decenni; inoltre introducendo il concetto di “risarcimento ambientale” per ogni intervento.
Tutto quello di cui ha bisogno realmente la città è già presente, è sufficiente utilizzarlo meglio.
Lavorare per sottrazione significa rendere più appetibile la ristrutturazione dell'esistente, favorendo tutte quelle maggiori professionalità che la ristrutturazione richiede.
Smettere di pensare che incrementare l'uso di terreno vergine sia un'opportunità di lavoro; in una città evoluta come la nostra significa puntare sul lavoro meno qualificato, quello maggiormente sfruttato, oltre che maggiormente infiltrato dal malaffare.
Lavorare per sottrazione significa prendere consapevolezza che l'equilibrio fra la città ed il suo territorio è già saltato, ma se si vuole sopravvivere bisogna recuperarlo.
Per esempio: il territorio comunale reggiano ha un'estensione di circa 23.500 ettari, gli abitanti attuali sono circa 170.000, con l'impronta ecologica media italiana la nostra città avrebbe bisogno di 714.000 ettari di terreno, con l'impronta ecologica media mondiale ne avrebbe bisogno di 302.600. Uno squilibrio impensabile che porta a conseguenze di dipendenza che comporteranno sempre un caro prezzo, sarà difficile sopravvivere con le filiere corte, non caleranno i trasporti e, di conseguenza, nemmeno l'inquinamento.
Lavorare per sottrazione significa anche puntare tutto sul trasporto pubblico, rendendo sempre meno facile l'uso del trasporto privato (anche se la situazione attuale di ATC sembra stimolare l'esatto opposto, ma forse conviene cambiare l'ATC); invece che nuove strade puntare decisamente sul trasporto su rotaia costruendo le cosiddette “metropolitane di superficie” sia locali che infraregionali.
Lavorare per sottrazione significa anche riqualificare tutto l'edificato esistente per arrivare a consumare un decimo di quello che consuma attualmente, per riscaldare e per raffrescare; in questo un ruolo importante potrebbe averlo IREN se, invece che perdersi nelle speculazioni sul fotovoltaico o sugli impianti a biomassa, con quei capitali si proponesse come ESCO (energy service company) a servizio della cittadinanza e degli edifici pubblici, ma purtroppo è palese un conflitto di interessi anche in questo settore.
Questo percorso porterebbe molto lavoro a personale qualificato, molto risparmio ai cittadini e una notevole riduzione dell'inquinamento.
Una città che cresce non è solo un problema per l'ambiente, lo è anche per la qualità della vita dei singoli cittadini, al di là delle classifiche più o meno gratificanti che ogni tanto vengono pubblicate.
L'aumento degli abitanti porta necessariamente all'aumento dei servizi, la scarsità delle risorse economiche delle amministrazioni porta all'aumento dei costi, l'aumento dei costi porta all'aumento delle esclusioni, con l'aumento delle marginalità sociali.

Vorrei fare anche qualche considerazione di carattere generale sul tema del commercio.
Una città solidale cerca di esserlo innanzitutto con se stessa e con il suo territorio. Cerca di favorire le filiere corte, agevola i mercati dei contadini locali, cerca di sviluppare la piccola distribuzione nei quartieri e nelle frazioni. Recentemente ho sentito dire che la nostra città ha una dotazione di centri commerciali inferiore ad altre città e che gli acquisti si vanno a fare nelle altre città, in una logica di una rete regionale non mi pare un problema, almeno per i cittadini, forse lo è per la grande distribuzione, ma un'amministrazione comunale si occupa di cittadini non di consumatori.
Anche questo è progettare una città per sottrazione e per maggiore qualità.

Sviluppo sostenibile” è un ossimoro, la sostenibilità del nostro ambiente ce la siamo già giocata, dobbiamo lavorare per recuperarla. Lo sviluppo così come l'abbiamo conosciuto è diventato lo sviluppo di una metastasi e non può essere certo sostenibile.
Credo si debba andare verso una disintossicazione dalla nostra dipendenza dal petrolio, prima cominceremo e meglio sarà per tutti; speriamo che fra 15 anni, cioè con il prossimo PSC, si abbia più consapevolezza del rischio che corriamo, ma che, soprattutto, facciamo correre a chi erediterà le nostre incapacità.

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