Gruppo di progetto Area Nord: Prime considerazioni
Le condizioni ambientali ed economiche della nostra Provincia, e non solo, impongono di affrontare il problema da un punto di vista estremamente rispettoso ed attento agli impatti ed alle conseguenze derivanti sul tessuto sociale ed ambientale esistente.
Dobbiamo avere sempre a mente alcune considerazioni di base, per poter affrontare qualsiasi progetto di trasformazione territoriale in un'ottica di reale sostenibilità dello stesso:
- La crisi strutturale del nostro attuale sistema economico, basato sulla produzione infinita di beni e su un consumismo spinto all'eccesso;
- L'eccessivo e non più tollerabile consumo di territorio agricolo che toglie risorse alimentari vitali per tutti;
- Il riscaldamento globale, il controllo e la riduzione delle emissioni di gas climalteranti;
- Il picco del petrolio ed una progressiva transizione verso la liberazione dalla dipendenza dai combustibili fossili.
A causa di questi importanti aspetti, o per fortuna, nulla potrà più essere come prima; continuare a pensare e progettare la città, ma anche il singolo edificio, come avveniva anche solo pochi mesi fa, rivela sempre più la sua sciagurataggine.
Si rende necessario una progettazione legata al risparmio: di risorse economiche, di territorio, di energia; sia nella fase di costruzione, come nella fase di gestione e, non ultimo, nella fase di dismissione di quanto costruito.
Bisogna adottare un atteggiamento consapevole della impermanenza delle cose e delle opere, e del non far gravare sulle spalle delle future generazioni i nostri errori di valutazione.
Abbiamo, in questi giorni, la prova della nostra fragilità energetica.
Le forti turbolenze sociali dell'area nordafricana hanno portato immediatamente ad un innalzamento della nostra bolletta energetica, formata da oltre il 90% di dipendenza dalla fornitura da parte di realtà estere.
Il 40% del consumo energetico nazionale è da addebitare al settore edilizio, per la costruzione e per la gestione, un altro 15% circa è addebitabile al trasporto di cose e persone. Quindi più del 50% della bolletta energetica viene determinata dalle scelte urbanistiche. Non è più procrastinabile un'attenta valutazione di questo aspetto ed un conseguente agire.
Progettare al risparmio significa innanzitutto pensare a ciò che è indispensabile al buon funzionamento della città e del suo territorio, nel qui ed ora, senza inutili e dannosi balzi avanti.
Significa pensare alle reali e non più rimandabili esigenze della comunità.
Significa pensare all'equilibrio fra le varie parti della città e del territorio, alla mutua rispondenza fra le funzioni, diverse ma complementari, che vi si svolgono.
La nuova linea ferroviaria ad alta velocità offre molti vantaggi e, nella prospettiva futura, sarà senz'altro una infrastruttura fondamentale per la mobilità nazionale ed europea, nonostante la scarsa adattabilità alle condizioni insediative della pianura padana ed in generale dell'Italia.
Nell'affrontare l'argomento dobbiamo però porci alcune domande propedeutiche all'inquadramento della questione all'interno di confini urbani e territoriali consoni:
- Quale impatto avrà la nuova stazione rispetto al molto fragile equilibrio di una città basata sulla centralità del suo nucleo storico?
- Quali attività possono essere messe in campo (all'interno della stazione o nelle sue immediate vicinanze) affinché vi sia un vero servizio e non uno stravolgimento della città con la creazione di nuove polarità?
- Quali spazi, e quale organizzazione degli stessi, possono, e devono, essere progettati per evitare l'ennesimo “non luogo”, per contestualizzare questa importante opera all'interno del “genius loci” reggiano?
- Quali compensazioni ambientali dovranno essere messe in atto per riequilibrare il forte impatto energetico ed ambientale della nuova infrastruttura?
- Praticamente tutto il quadrante a sud del tracciato autostrada-alta velocità è stato saturato con piani particolareggiati, di iniziativa privata, non ancora attivati (da via Gramsci a via Trattati di Roma); vi è stato un coordinamento con gli uffici tecnici comunali per indirizzarli verso scelte di destinazioni d'uso allineate con le future esigenze di quest'area?
Dobbiamo ulteriormente interrogarci su quale società vogliamo e quale città, questa società, è in grado di sviluppare.
Negli ultimi due decenni Reggio Emilia ha avuto un incremento demografico senza pari in Italia; questo ha generato molti conflitti, creato difficoltà di gestione e di sicurezza nella fruizione degli spazi pubblici, portato ad una degenerazione dell'immagine urbana, della sua riconoscibilità e dello spirito di appartenenza dei cittadini.
L'eccessiva bulimia edilizia, per altro ancora attiva, ha generato un tessuto sociale spesso marginalizzato, sia nella partecipazione attiva alla città che nella fruizione dei servizi sociali messi a disposizione.
Il forte richiamo demografico, dato dalla disponibilità di lavoro a bassa formazione e preparazione culturale, ha impoverito il tessuto sociale reggiano (una media bassissima di laureati), fatto, per lo più, di una bassa capacità di elaborazione culturale e di una discreta capacità di spesa.
Il fiorire di centri commerciali contro la chiusura di librerie e cinema (nel centro storico), il mancato sviluppo di iniziative culturali private, dimostra le carenze di cui si parla; la forte spinta consumistica ha fortemente limitato la formazione di cittadini incrementando la formazione di consumatori.
La responsabilità, che sappiamo non essere solo del governo locale, sta anche nelle scelte urbanistiche.
La città deve decrescere dal punto di vista quantitativo (come demografia, come edificato nuovo, come iniziative commerciali general-generaliste della grande distribuzione, come iniziative imprenditoriali a basso e bassissimo contenuto tecnico, culturale ed innovativo) e crescere dal punto di vista qualitativo (del livello formativo, della qualità degli interventi edilizi, delle relazioni fra le persone e fra queste e la città, istituzioni comprese).
Il mito del mercato che induce a “produrre di tutto e di più, tanto poi si vende” ha terminato la sua triste storia, annegando nella miseria squalificata di prodotti sempre meno necessari e sempre più inquinanti, nella (giusta) concorrenza spietata dei cosiddetti paesi emergenti, nella devastazione del territorio e dell'ambiente.
L'ubriacatura energetica, cioè di una presunta infinita produzione di energia a bassissimo costo, ha generato delle città difficilmente riconvertibili (Reggio non fa eccezione), ma non dobbiamo pensarlo impossibile.
Tutto si gioca nelle nostre prossime scelte e sulla base di questa nostra forte assunzione di responsabilità.
Con la stazione mediopadana Reggio Emilia diventerà un punto di riferimento importante, in riferimento alle relazioni umane, industriali e commerciali, per quel grande e prolifico areale geografico costituito dalle provincie di Parma, Modena, Mantova, oltre chiaramente a Reggio stessa.
Una dimensione nuova che, nel generare notevoli aspettative nella città, può anche generare notevoli disfunzioni e forzature deleterie.
UNA NUOVA MOBILITA' URBANA E EXTRAURBANA
Dalle premesse risulta evidente l'importanza di una nuova strutturazione del trasporto pubblico, sia urbano che extraurbano, anche per il fatto che sempre meno persone potranno usufruire del trasporto privato.
Se ne deduce che impostare un sistema di trasporto pubblico solo in funzione della nuova stazione, sia una negazione delle reali esigenze attuali di tutta la città e una occasione persa per il futuro anche prossimo.
Meglio quindi ripensare ad una rete che riesca a soddisfare le esigenze della città ed al cui interno trovi organica soluzione il collegamento con la nuova stazione.
Per quanto riguarda il trasporto privato, la nuova stazione si trova già egregiamente collegata a vari livelli.
Per il livello urbano e per il livello extraurbano locale, la tangenziale e via Morandi assolvono in pieno il compito, mentre per il livello a scala vasta (le altre provincie) l'autostrada, attraverso il disegno impostato da Calatrava (cioè il nuovo casello, i ponti verso Bagnolo e via Filangeri), è già direttamente collegata.
Vi è certamente la necessità di localizzare, alla fine di via Filangeri ed a ridosso di via Gramsci, un adeguato parcheggio, eventualmente pluripiano oltre che a terra, e da un semplice ponte sulla via Gramsci si potrà raggiungere la nuova stazione.
UNA NUOVA PROGETTAZIONE URBANISTICA ED ARCHITETTONICA E UNA NUOVA SOCIETA'
La via Gramsci può diventare l'asse ordinatore urbano che lega il centro storico a questo nuovo importante punto urbano; una sorta di nuovo viale Umberto I° il quale collegava il centro con la villa ducale di Rivalta, ma preferirei definirlo il nuovo Cardo Massimo, per le relazioni che ha a più vasta scala.
Spazio pubblico fondamentale che, unito ad una previsione di riqualificazione dell'edificato su tutto l'asse viario, dalla circonvallazione alla stazione mediopadana, potrebbe degnamente rappresentare la porta di città.
Riqualificazione che dovrebbe avere come priorità l'impedire l'ulteriore consumo di territorio agricolo vergine, presente soprattutto a est, sviluppando e favorendo la ristrutturazione dell'esistente anche attraverso interventi di sostituzione dell'esistente, privilegiando progetti partecipati, sperimentando nuove forme insediative, di mutua assistenza e convivenza; la previsione di piste ciclabili, la rinaturazione del canale anche con la rimozione degli abbondanti tombamenti.
Vi è poi la grande area compresa fra l'autostrada, il vecchio casello e via Lincoln, un'area non risolta, in parte degradata ed in parte occupata, in malo modo, da interventi puntuali che poco o nulla dicono di quell'area.
E' un'area strategica per insediamenti che abbiano una qualità notevole, sia per l'affaccio sull'autostrada che per i servizi ed i complementi della stazione mediopadana.
Come già accennato, tutto il quadrante a sud del tracciato autostrada-alta velocità è stato saturato con piani particolareggiati, di iniziativa privata, non ancora attivati (da via Gramsci a via Trattati di Roma); essendo quest'area nella prima fascia di servizio della stazione mediopadana si auspica un incontro con i soggetti proponenti per valutare gli usi insediabili anche in funzione delle necessità della città e della nuova stazione.
L'eccesso di residenza, oltre alla scarsa attenzione alle tematiche ambientali di gran parte dei progetti di piano presentati, fa pensare a progetti datati e che non tengono in considerazione le nuove valenze di questa parte di città.
Limitare l'uso residenziale significa incentivare la ristrutturazione e, comunque, fermare la crescita demografica; due aspetti che formano la qualità di una nuova urbanistica, in questo contesto urbano già saturo.
C'è poi un argomento troppo serio ed importante per essere lasciato al mitico “mercato”. Cosa si consentirà di fare intorno? Quali iniziative immobiliari di carattere speculativo saranno autorizzate? Non è questione secondaria dato che tutto ciò che sarà messo in campo toglierà forza al vero centro della città: il già debolissimo sistema del centro storico.
Vi è un tema legato alla creazione di aree verdi, sia di arredo che di utilità, vi è un tema legato alle filiere corte, ma soprattutto vi è il tema generale della riqualificazione sia energetica che estetica dell'ampio patrimonio esistente.
Cogliere l'occasione della stazione mediopadana può portare a due scenari ben distinti:
- una città fatta di quinte cinematografiche, tanto spettacolari quanto effimere, che nascondono la triste realtà generata da questi ultimi due decenni;
- una città che funziona, che si rigenera e che progetta il suo futuro, non edilizio, ma sociale.
A noi la scelta.

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