Rivoluzionare l'ex Campo volo


Stimolato da vari interventi e discussioni, mi sono chiesto quale possibile uso potrebbe avere quell'immensa area, che comprende il campo volo, compresa fra via dell'Aeronautica – Partigiano a ovest, ferrovia storica a sud, Rodano a est e canale di San Maurizio a nord; un'area di più di 195 ettari.
Tale area, dismessa dall'uso attuale, potrebbe, con alcuni passaggi, arrivare nelle disponibilità patrimoniali del Comune di Reggio Emilia.

Premetto che il mantenimento di una struttura aeroportuale, a qualsiasi livello e per qualsiasi uso, anche solo di aeroclub, a Reggio Emilia, non ha, per me, alcun senso se non l'alimentazione di qualche lamentazione campanilistica di basso profilo.
La dotazione, nelle immediate vicinanze (Parma, Modena, Bologna), è più che esaustiva di qualsiasi esigenza in merito.
Premetto anche che qualsiasi utilizzo dovrebbe prevedere:
  • la soddisfazione di reali esigenze della città;
  • un progetto sperimentale dall'alto profilo ecologico;
  • il totale rispetto per l'ambiente attuale e futuro;
  • la creazione di posti di lavoro per personale a medio-alta specializzazione;
  • la creazione di un legame di interdipendenza fra quest'area e la città;
  • essere un esempio di corretto risanamento di un'area compromessa da usi non agricoli.
Aggiungo anche che, come ho già scritto altre volte, in questo particolare momento, solamente amplificato dalla crisi economica nel senso che finalmente anche i più “ciechi” hanno cominciato a vedere la realtà della situazione, ci si deve imporre un cambio totale di punto di vista.
Dobbiamo, per amore o per forza, cambiare stili di vita (per quanto riguarda i normali cittadini) e approccio all'urbanistica e alla trasformazione del territorio (per quanto riguarda la pubblica amministrazione).
Dobbiamo cominciare a immaginare una città che per “svilupparsi”, cioè continuare a consentire ai propri cittadini di conviverci al meglio, sappia “decrescere”, cioè sappia liberarsi dall'ipertrofia fondata su una pseudoeconomia che l'ha portata verso la distruzione.
Dobbiamo anche pensare a disintossicarci dall'uso del petrolio, che sta finendo e nel mondo stanno aumentando le guerre per accaparrarsi gli ultimi sgoccioli (e se qualcuno pensa solo alla benzina per l'auto che provi a guardarsi intorno e provi a pensare a quello che mangia, a quello che beve, a ciò che indossa, a ciò che usa abitualmente, ecc... si troverà circondato da derivati del petrolio).
Bisogna anche cominciare a pensare, noi “padani”, a disinquinare la nostra ex bella pianura, che è una delle aree più inquinate del pianeta.

Tutte queste premesse, che ritengo basilari per una visione del futuro, costruiscono una maglia molto molto stretta, da cui passano poche possibilità di utilizzo della nostra area.
Qualsiasi proposta si vorrà mettere su un tavolo di discussione avrà forti ripercussioni sul tessuto sociale ed economico della città; io la vedo come una possibilità che ci viene offerta per un cambio di passo, oserei dire quasi “una rivoluzione” nell'idea che ognuno di noi ha della propria città.
Credo anche che nessuno abbia la verità in tasca, ma che ci sia bisogno di un ampio confronto, anzi di un'ampia partecipazione, per decidere e non subire.

Provo a sintetizzare la mia personale visione.
Lungo i circa 70 ettari, a ridosso di ferrovia e Rodano, l'amministrazione comunale si era impegnata a creare un bosco urbano (si dice che mancano i soldi, a mio avviso manca la volontà di farlo); si potrebbe cominciare a costituirlo già da oggi e lo chiamerei semplicemente “bosco” e togliergli la pura connotazione ludica riportandolo alla sua naturale vocazione di produzione di ossigeno, aria fresca e ombra, biomassa.
I restanti 125 ettari circa (fabbricati recuperabili compresi) sarebbero un'ottima estensione per una grande azienda agricola, gestita in forma cooperativa, con produzioni varie, da quella ortofrutticola a quella zootecnica.
La vendita diretta dei prodotti servirebbe egregiamente la città, in molti potrebbero raggiungerla addirittura a piedi.
Fin qui nulla di strano.
La gestione, rimanendo la proprietà pubblica, dovrebbe essere affidata attraverso concorso pubblico in cui si garantiscono criteri di assoluta innovazione ecologica, da verificare periodicamente pena la risoluzione del contratto.
Questi criteri potrebbero essere:
  • una cooperativa costituita appositamente da persone giovani, laureate e/o diplomate nel settore, senza coperture economiche derivanti da strutture esistenti che potrebbero condizionare e compromettere l'innovazione;
  • l'applicazione di filosofie tipo la permacultura e altre che garantiscano la dimensione totalmente oil-free dell'azienda, vale a dire un'azienda che non usa petrolio né per far funzionare le macchine, né nei fertilizzanti, né nei trattamenti;
  • che ricava l'energia di cui ha bisogno dalla trasformazione delle biomasse che produce (bosco compreso);
  • che sia aperta alla cittadinanza sia con iniziative propedeutiche rivolte alle scuole e non solo, sia con una attività agrituristica;
  • che metta a disposizione alcune aree per la creazione di orti a disposizione dei cittadini che non hanno possibilità di farselo.

Insomma che si garantisca la creazione di un Centro Produttivo e Commerciale Naturale che non sfrutta i clienti della città, ma, come è nella natura, ne è al servizio fornendo dei beni e dei servizi.
Questa è la mia personale visione; quindi niente arena spettacoli, feste di partito o circo e giostre, ma qualcosa di utile e sano per tutti.
Mi piacerebbe che si aprisse un vero dibattito.
(Astenersi economisti tradizionali)

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